Cinema | “Light Out – terrore nel buio” – La recensione

 

Paul è un comune padre di famiglia che, per ragioni di lavoro, si attarda in ufficio. Fin qui niente di strano…beh, non proprio! In questa occasione Paul fa un incontro molto speciale con un essere a metà tra un mostro ed un fantasma. Come da tradizione i mostri vivono nell’ombra e spariscono alla luce, lo sa bene Martin, il figlio di Paul, che per la paura di quest’essere dorme con la luce accesa. Per il padre la sovrannaturale presenza non sembra essere un problema, anzi tra i due s’instaura un’illusoria amicizia ed il mostro assume l’identità di Diana, quasi fosse una innocuo amico immaginario.

Light Out non è un film malaccio in assoluto, ma accusa la presenza di tanti, troppi, cliché del cinema horror: il mostro che si nasconde nel buio, la famiglia disfunzionale come catalizzatore di presenze demoniache ed il manicomio quale luogo di soprusi. Vanno bene le citazioni e sfruttare stereotipi di genere, ma il film non è in grado di rielaborare e fare propri questi elementi risultando nel complesso poco originale!

Light Out è un progetto nato e concepito come cortometraggio e come tale funziona, il problema è che allungando il brodo si snatura la pellicola e le aspettative vengono tradite. Infatti, il film non riesce a mantenere la stessa tensione del corto, ma considerando che è un’opera prima (del regista David F. Sandberg) non ha senso essere troppo critici. Diciamo che il regista ha sfornato un horror di medio livello in grado di far breccia nei cuori dei cinefili alle prime armi, ma che non entusiasma i veterani del genere.

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